Nei pochi giorni passati in Indonesia abbiamo cominciato a conoscere le popolazioni locali che, sebbene presentino marcate differenze da un isola all’altra, sono accomunate da un forte senso di ospitalità e accoglienza. Questa caratteristica sembra essere diffusa in Asia, e dopo la nostra esperienza in Cina, siamo rimasti ancora una volta a bocca aperta.
Al ritorno dal parco del Tanjung Puting accompagniamo Sudha all’aeroporto e Daisy si offre di portarci a visitare Pangkalan Bun. Il nostro autobus per Banjarmasin partirà nel tardo pomeriggio quindi abbiamo qualche ora a disposizione.
Passiamo tra le case in riva al fiume, ognuna con il suo gabbiotto con funzione di servizi igienici con scarico diretto. Rispetto al villaggio del Parco le case sono in stato decisamente peggiore e si percepisce maggiormente la povertà della zona. Ci fermiamo alle bancarelle del mercato e per pochi centesimi compriamo della frutta per il lungo viaggio che ci attende in serata.
Visitiamo l’esterno di una moschea e poi ci spostiamo al Kraton, il palazzo del Sultano locale. Daisy ci avvisa che sarà possibile visitarlo solo in caso non siano in corso cerimonie particolari. Arrivati all’ingresso però notiamo un viavai di gente vestita elegantemente in modo tradizionale e scopriamo che si sta festeggiando il matrimonio della figlia del principe, quindi ci apprestiamo ad andarcene.
La voce della presenza di due europei però si sparge velocemente e con nostra meraviglia veniamo invitati ad entrare! Il nostro ingresso è salutato con inchini e salamelecchi, dobbiamo firmare il libro degli ospiti, insistono per darci la bomboniera (due semplici portachiavi) e farci partecipare al banchetto di nozze.
Non si può dire che siamo vestiti in maniera adeguata ad un matrimonio! Dopo tre giorni sulla barca, le camminate nella foresta e il percorso sotto il sole cocente per raggiungere il Kraton le nostre condizioni sono abbastanza estreme. Zaino a spalle, scarponcini e pantaloni sporchi di fango, magliette sudate. Solo qualche ora dopo Marco si ricorda di avere un calzino appeso all’esterno dello zaino ad asciugare.
Nessuno sembra formalizzarsi, visto l’onore di avere due invitati italiani. Il tutto si svolge in una cornice tra l’elegante e il kitch, a partire dai pomposi abiti degli invitati fino alle tovaglie azzurre con pizzi e merletti. Veniamo presi in custodia da due bizzarri personaggi: gemelli, sugli ottant’anni, vestiti con una divisa da cerimonia completamente gialla. Sono in qualche modo imparentati con la sposa ma non ci è ben chiaro con quale grado. Parlano un inglese stentato e ci chiedono del nostro viaggio, felici che partecipiamo a questo momento così importante per la famiglia.
Il pranzo è a buffet e consiste di piatti a base di carne e pesce conditi con intingoli piccantissimi e con ingenti quantità di aglio. Niente alcoolici, il Kalimantan è a maggioranza musulmana, l’acqua è servita in pratici bric con cannuccia (hai presente quelli dell’estathe?) e come dessert una gelatina dolce colorata. In realtà abbiamo già pranzato abbondantemente prima di lasciare la barca, e non abbiamo molto appetito, ma non possiamo deludere le aspettative!
Gli sposi siedono statuari e meravigliosi su un palco in fondo alla sala con i parenti più stretti, mentre gli invitati mangiano e chiacchierano. Non manca il più classico dei piano bar con due coriste che cantano gli Abba. Il momento è da immortalare: veniamo invitati a salire sul palco per salutare gli sposi: passiamo quindi in rassegna le celebrità locali e dopo aver fatto gli auguri finiamo nel photobook ufficiale della giornata!