Nuova meta, nuovo traffico. Se già a Pechino sembrava assurdo, qui siamo certi di trovarci all’inferno. Nessuno si ferma ai semafori, tantomeno agli attraversamenti pedonali, ma tutti si muovono secondo un ritmo che misteriosamente non provoca loro il benché minimo stress. Sarà la pratica zen?
Viste le premesse, la nostra prima meta è un tempio, all’interno del quale regna la pace.
Subito lì fuori c’è un hutong ricostruito dopo il terremoto di qualche anno fa. Tra le viuzze ci sono negozi in stile Lourdes ma in salsa buddista e ristorantini di piatti veloci, tipici di quest’area della Cina. Mangiamo una delle loro specialità piccanti, che è talmente piccante da quasi non riuscire a finire il piatto.
Nel pomeriggio andiamo prima al tempio taoista, dove ci godiamo un the bollente in una sala all’aperto piena di gente e con i camerieri che ti riempiono la tazza finché non ne puoi più! E poi ci concediamo dei meravigliosi dolcetti venduti per strada, attirati da una piccola folla che attende il proprio turno.
Più tardi, al Renmin park (parco del popolo) c’è una specie di sagra/festa dell’unità con piccoli spettacoli qui e là, gruppi che cantano canzoni tradizionali simil-russe, i soliti gruppi di danza (dal liscio all’aerobica) e gente che si esercita a scrivere i caratteri cinesi.
Girovagando ci imbattiamo in un gruppo di signore di cui 3 stanno giocando a mahjong (a soldi ovviamente) e ci fermiamo a farci due risate vedendo che litigano proprio come si fa in Italia quando si gioca a carte.
In serata ci attende l’opera del Sichuan dove si alternano scenette comiche, acrobati, musicisti. Per finire in grande con il famoso spettacolo dei cambi di costume e di maschera, ma come faranno? Lo stupore nel pubblico, per maggioranza cinese, è totale con continui “ooohhhh’. “C’è sempre il trucco!”, svela Marco.